L’uva è uno dei prodotti agricoli più importanti d’Italia, non solo come frutto da portare in tavola, ma anche e soprattutto per poter produrre il vino.
Nel nostro paese sono state selezionate centinaia di differenti varietà di uva, ciascuna con particolarità proprie. Questa ricchezza di vitigni si traduce in un’interessantissima quantità di vini differenti, come ben sappiamo ogni zona d’Italia ha i propri DOC, DOCG e IGP.
La pianta dell’uva, la vite Vitis vinifera, non è certo la coltura più semplice da far crescere: perché produca bene, come qualità e pezzatura, occorrono molte cure: dalle varie operazioni di potatura durante l’anno alle corrette concimazioni. Inoltre è una specie specie soggetta a un gran numero di malattie e di insetti dannosi.
Il fatto che le vigne siano molto diffuse infatti ha favorito nei nostri ambienti la presenza dei parassiti dell’uva e degli agenti patogeni, che trovandosi una grande abbondanza di piante da attaccare sono riusciti facilmente a proliferare in gran numero.
A maggior ragione quindi non è semplice coltivare uva con metodi biologici, ovvero senza l’ausilio di trattamenti antiparassitari, anticrittogamici e fertilizzanti di sintesi chimica.
La coltivazione biologica della vigna ha un risvolto molto interessante anche per le aziende vinicole: offre la possibilità di ottenere la certificazione di vino biologico, che è senza dubbio una carta in più sul mercato e permette di valorizzare maggiormente la propria produzione.
In questo articolo non si pretende di spiegare per filo e per segno come coltivare uva biologica, argomento che richiede una trattazione dedicata (potete leggere ad esempio la guida al vigneto di Orto Da Coltivare) ma ci concentreremo sul capire cosa differenzia il metodo biologico dall’agricoltura convenzionale.
Produrre vino biologico: pratica agricola e certificazione
Quando parliamo di biologico non si riferisce a semplici pratiche agricole, ma anche a una burocrazia fatta di normative e controlli.
Per poter inserire la dicitura “biologico” sull’etichetta di un vino, con relativo logo bisogna che il prodotto in questione sia certificato da un ente accreditato.
Per ottenere la certificazione biologica un’azienda deve:
- Coltivare l’uva con metodo biologico
- Eseguire anche tutto il processo di vinificazione secondo la normativa bio
- Rivolgersi a un ente certificatore ed eseguire tutto l’iter di certificazione
Ci saranno documenti da compilare, ispezioni da soddisfare e questo comporta anche dei costi per l’azienda agricola.
Inoltre il processo di conversione al biologico non è immediato ma è un iter che dura tre anni. Questo periodo di transizione si può abbreviare in alcuni casi, presentando altri documenti rispetto a terreno e metodi di coltivazione impiegati.
Il punto di partenza per ottenere il marchio bio è comunque la coltivazione biologica del vigneto.
La tecnica agricola biologica
L’agricoltura biologica prevede l’impiego di soli prodotti di origine naturale e deve soddisfare una normativa ben precisa, sia nazionale che europea. In particolare si fa riferimento al Regolamento europeo 834/07 e al Reg 889/08 per quanto riguarda la normativa comunitaria e al Decreto Ministeriale 6793/2018 e al Decreto legislativo 20/2018 per quanto riguarda invece la legge nazionale italiana.
Scopriamo di più su alcuni aspetti chiave della coltivazione di uva con metodo biologico, come previsti in queste leggi.
Concimazione della vite
La concimazione biologica del vigneto si effettua con sostanze naturali, di origine organica o vegetale. Il letame è in genere un elemento cardine della fertilizzazione del terreno in agricoltura bio e ha un vasto impiego anche per la produzione di uva.
Attenzione alla sua provenienza: la normativa prevede che venga impiegato letame da allevamenti non industriali.
Si possono usare moltissime sostanze quali compost, humus di lombrico, farine di ossa e corna, borlande, farine di alghe, concimi minerali, pollina, stallatico pellettato e altro ancora.
Difesa del vigneto dai parassiti
Il raccolto di uva può essere danneggiato da vari insetti parassiti fitofagi, tra questi i più comuni sono la tignola della vite, la tignoletta, la metcalfa, la cicalina e da qualche anno anche la drosophila suzukii, insetto di origine orientale che ha trovato un ambiente favorevole nel nostro ecosistema.
In agricoltura biologica è posto il divieto all’uso di pesticidi chimici. Ci sono una serie di insetticidi di origine naturale che sono registrati per l’impiego in agricoltura bio che possono aiutarci nella difesa del vigneto, i più utilizzati sono piretro, azadiractina (principio attivo dell’olio di neem), il bacillus thuringiensis e lo spinosad.
Gli insetticidi biologici non sempre garantiscono la stessa efficacia di prodotti più aggressivi di sintesi chimica, per questa ragione è importante affiancare ai trattamenti anche tecniche di prevenzione e metodi alternativi.
Per questo nella coltivazione biologica possono risultare utili metodi come:
- Reti antinsetto a proteggere le viti.
- Trappole alimentari e trappole a feromoni disposte nel vigneto.
- Impiego di lotta biologica mediante l’introduzione di insetti antagonisti dei parassiti
Prevenzione e cura delle malattie
La vite è spesso colpita da patologia di natura funginea, batterica o virale. Le più temute sono la peronospora, la botrite, la flavescenza dorata, l’oidio, il mal dell’esca.
In agricoltura biologica si punta in primo luogo sulla prevenzione, il cui cardine nel vigneto sta nella corretta gestione del suolo e delle irrigazioni.
Nella vigna si fanno poi trattamenti anticrittogamici biologici, sia a titolo preventivo che per contrastare eventuali infezioni in atto. I fungicidi bio più spesso impiegati sono zolfo, bicarbonato di potassio e soprattutto rame.
L’uso del rame ha dei limiti che la normativa sta rendendo con gli anni più severi, perché non è esente da conseguenze ecologiche sull’ambiente. Per questo possiamo ipotizzare alternative, come l’impiego di funghi innocui come antagonisti dei patogeni.
Risultano utili a evitare malattie anche sostanze corroboranti, quali equiseto, lecitina di soia e propoli.